Angel Dennis - il mancino d'assalto
Storia e carriera del fuoriclasse caraibico, uno spettacolare mancino che ha incendiato le notti del nostro campionato.
E’ tornato nella sua Macerata, una delle tante città dove si era fatto amare, dove era stato spettacolare lì in campo. Certo ora sta in A3, ma era solo ieri che lo vedevamo nella nostra Serie A1, a randellare con quel braccio sinistro da culturista, quel fisico da bagnino, di quelli a causa del quale mamme o fidanzate vanno in spiaggia fino alle 19 dicendoti che “l’aria del mare fa bene”.
Sono passati anche quasi 20 anni da quando Ángel Dennis Diaz, per primo decise che per inseguire il suo sogno si doveva essere pronti a fare qualsiasi cosa, a correre qualsiasi rischio, ad affrontare qualsiasi sacrifico.
Anversa, in Belgio, dicembre del 2001. Approfittando del ritiro della Nazionale, di una sorveglianza meno accesa, lui fu il primo a dare il segnale, a dare il via a quell'esodo di talenti che dalla sua Cuba, si sparsero in giro per il mondo, per poi ritrovarsi al 99% dei casi nella nostra Serie A.
“Volevo essere libero” ha più volte dichiarato “volevo potermi misurare con i grandi campioni in Italia, essere professionista, ci era stato promesso che ne avremo avuto possibilità...poi la Federazione cubana si rimangiò tutto”.
Aveva, avevano vinto molto con la nazionale, una nazionale che infornava talenti a nastro, gente che fisicamente e atleticamente ancora oggi non ha sostanzialmente paragoni.
Il bronzo mondiale nel 1998, due campionati Nord-americani, un oro e due argenti nella World League, la vittoria nella Grand Champions Cup del 2001...sì Angel e i suoi compagni avevano davvero fatto grandi cose. Ora volevano poterle fare anche con una maglia del club, avere il diritto ad essere atleti come tutti gli altri. Njet, no, nada...non gli fu concesso. Si rimangiarono la parola con loro come con le ragazze.
E così Dennis decise che era venuto il momento di riprendersi ciò che gli spettava, e dopo di lui lo fecero fuoriclasse assoluti come Ihosvany Hernandez, Ramon Gato , Jorge LuiHernandez, Yasser Romero Mayeta, Leonel Marshall e successivamente la grande Tai Aguero.
Lo fanno anche oggi. La maledizione di Cuba, che ha perso innumerevoli medaglie e gloria in nome di quest’assurda ideologia ormai superata dal tempo e dalla spazio.
Ancora oggi sono costretti o costrette a farlo, e si può dire che la fuga verso la libertà l'abbia aperta forse proprio lui, questo giocatore dalla fisicità e atleticità impressionanti, capace di portare il suo braccio mancino bionico in posto 4 come in posto 2, anche grazie a fondamentali incredibilmente solidi in seconda linea.
In fondo, anche tanti pugili, giocatori baseball, sono scappati, con maggiore o minore fortuna dall’Isola che ancora oggi è un mistero per tanti. Dennis nel farlo, sapeva di dover affrontare un periodo di inattività, ma dopo, dopo ebbe la possibilità di mostrare il suo incredibile talento.
Soprattutto in attacco e al servizio Angel Dennis, alto “solo” 193 cm faceva impazzire i tifosi, era capace di lasciarti a bocca aperta, scaraventando nel campo avversario fucilate incredibili, così come era capace di usare le mani del muro, di tocchi vellutati e tecnici.
In zona di servizio, sulla sua efficacia basterebbe chiedere a quelli di Trentino Volley che nel 2011 in pieni playoff si videro il fulmine cubano arrivare addosso come un treno per ben 11 volte, di cui 7 aces diretti.
Ancora oggi quella serie in battuta, dove esibiva quella rincorsa “storta”, alla “Sartoretti”, è leggenda, uno degli episodi più iconici del nostro volley nel XXI secolo.
All'epoca era in quel di Modena Volley, era stato girato in opposto nonostante i cm non fossero tantissimi...ma li assieme al brasiliano Bruninho , aveva formato una diagonale fantasmagorica, incredibile, dove la palla viaggiava ad una velocità sovrumana.
Purtroppo non era bastata per superare lo scoglio della corazzata nordica, ad agguantare quello scudetto, quello che Dennis aveva vinto nel 2006, quando era nella Lube Volley, quella che si prendeva anche la Coppa Italia e la Coppa CEV.
L'aveva vinta altre due volte prima, con il Palermo e poi sempre con i biancorossi, l'avrebbe vinta la quarta volta proprio con i modenesi, dove in cinque stagioni era diventato uno dei beniamini di un pubblico che ne aveva apprezzato umiltà, disponibilità a giocare in due ruoli, determinazione.
Di squadre Dennis, nel suo peregrinare sotto rete, ne ha conosciute tante: Latina, Milano, Lupi Santa Croce, all'estero è stato a Doha, Apav, Al Anwar, nello Sporting Lisbona, prima di andare a vestire al casacca del Sporting Clube de Espinho, sempre nella terra di Vasco de Gama.
Infine è tornato da noi, in quelle Marche che assieme alla città gialloblu, è stata la sua vera, unica, casa di ramingo del volley.
Brasile, Medio Oriente, Portogallo, Italia...a Cuba è potuto tornare solo nel 2014, con un permesso del Governo.
La vita da eterni viaggiatori ed esuli non è facile per nessuno...neppure per il fratello Williams Padura Diaz, altro volto molto noto nella pallavolo italiana.
Poca Nazionale per Dennis invece, che fu convocato da Gian Paolo Montali nel 2004 ma poi non se ne fece più nulla. Pare che la Federazione non avesse pagato la tassa alla FIVB per regolarizzarlo, disguidi burocratici...o forse semplicemente per l'ennesima volta (come successo con altri atleti) a qualcuno non andava giù di avere quello che taluni definivano un “non-italiano”.
Se pensate che sia complottismo....beh i precedenti anche in questo sport sono tutt'altro che pochi per ciò che riguarda il nostro paese. E fu un peccato, perché di un giocatore così, proprio in quegli anni tristi e disastrosi del post-trionfo europeo, avremmo avuto un gran bisogno ed in più di un ruolo.
Comunque sia, Dennis oggi compie 44 anni.
E gli si fanno gli auguri per tutto ciò che ci ha regalato sotto rete, per la carriera complicata ma ricca di soddisfazioni, i tanti premi individuali (su tutti l'MVP della La Gazzetta dello Sport nel 2010 per la Regoular Season) e per l'essere stato un grande ambasciatore del volley caraibico in Italia e altrove, per aver aperto per primo la breccia verso la fuga per quelle libertà che ognuno ha il diritto di avere.